Archivi del mese: novembre 2008

rieducational channel and very-very rieducational programmessss

Non avendo fondamentalmente nulla da dire, mi dilungherò inutilmente su un qualcosa attorno cui, in effetti, non si dovrebbe sprecare una parola.

 

Il fatto è che, questa roba, mi ha ormai dato così ripetutamente fastidio, da dover essere espulsa come un calcolo renale, come un pezzo di spinacio fra i denti, come un tocco di mascara finito all’angolino dell’occhio, come una mutanda tra la chiappa destra e la sinistra…insomma: FASTIDIO.

Situazione: negli unici momenti in cui mi stravacco sul divano facendo zapping convulso, orario vuole che becchi l’uno o l’altro programma su MTV oppure, se davvero mi ha detto sfiga, entrambi. Trattasi di formatSS educativi e veritieri come le tette della Ventura, cioè “Next” ma SOPRATTUTTO “My Sweet 16”. Direi di soffermarmi, quindi, sul secondo. Esso consta di codesti ingredienti transgenici:

  • uno stato USA
  • un ragazzino o una ragazzina che stanno per compiere i fatidici 16 anni, che là stanno come i nostri 18, perchè possono piglia’ aa patente
  • le loro case da 50 stanze + le loro famiglie che si puliscono normalmente il culo con bigliettoni da 6 fantastilioni di dollari
  • un gregge di di-loro amici e vagamente conoscenti i quali, come nei migliori serial stile college importati qui da noi, farebbero carte false per essere invitati al mega party
  • una location per il party il cui costo azzererebbe il debito nel terzo mondo
  • un super ospite di solito conosciutissimo in quel dato stato aMMeRRecano
  • il gran finale dove al cretinetto viene regalata una macchina che di norma va dall’ultimo modello di mercedes fino a, che so, Jaguar o Bentley o magari Ferrarine d’importanziòn.

Il copione si snoda più o meno nello stesso modo. Prendiamo il caso di una ragazzina, perchè le femmine, bisogna ammetterlo, toccano vette insuperate di imbecillità: si inizia con la cheerleader, o aspirante tale, di turno. La soggetta semovente nei meandri del suddetto scenario, è usualmente una portatrice insana di dieci chili di troppo, ma per tacere del buon gusto, va in queste boutiqucce e decide di prendere cosine del genere “tamarra Versace gran soiree”, che tradotto si estrinseca in un discretissimo completo maculato fucsia, scaldaspalle di latex e stivali di pelo di topo muschiato. L’effetto finale è da vera pretty-woman, ma PRIMA di incontrare Richard Gere.

Si continua scegliendo la location del festone e stravaganti modi per –> 1) invitare amici e gente appena intravista a scuola -ma FARE NUMERO serve eccome- 2) far pesare il più possibile agli esclusi la mancata entrata ed il divertimento epocale che ne conseguirà. La scelta vestito e la scelta locale, di solito sono costellati da interventi paterni, dove il genitore risulta essere un totale deficiente che la figlia si rigira semplicemente snocciolando un sorrisetto con lucidalabbra alla ciliegia ed un “ai love iu deddi!” miagolato a testa reclinata, sbraccicando un peluche sul letto (a 4 piazze che hanno nella “cameretta”).

E arriva il grande momento. La tipa ha più boccoli di Shirley Temple, c’è più servizio d’ordine che ad un concerto dei Rolling Stones e più coreografi e party-planners, con tanto di auricolare, che nel film in cui J Lo faceva l’organizzatrice di matrimoni… La sala è gremita, orde di adolescenti si agitano sulla pista e mi preme specificare che, a quanto pare, là le ragazze trovino fico ballare quasi esclusivamente dimenando il culo e mimando lap-dancer. Teneri virgulti.  

Sono due i momenti clou che mancano all’appello–> 1) l’entrata della festeggiata (c’è la doppia opzione: o ‘vintage’ dove scende da uno scalone tipo Rossella O’ Hara o scosciandosi da limousine glitterate), 2) la consegna della vettura, che avviene a fine serata, tra fari che illuminano a giorno e bave dei meno fortunati i quali vengono mantenuti dietro a cordoni di sicurezza da energumeni che mantengono i plebei lontani dal tappeto d’oro.

Qui e là richeggiano i “sooo coooool!” – “this is the best party ever!”…cui fa eco la festeggiata di turno…nell’ultima puntata vista, ha esclamato una cosa traducibile con un “E VOI UNA COSA COSI’ VE LA SOGNATE, STRONZI”.

Stronzo chi guarda.

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il mio rotoletto di coppa.

Fa finta di tossire.

Si, fa la tosse finta. Poi si volta, ti guarda come se l’avessi ‘beccata’ e ride.

Ride largo e senza denti e mi chiedo ancora per quanto, visti i chilometri di bavaglini consumati a grattarsi le gengive. La osservo e penso “caspita, sono praticamente sei mesi”. Già mi viene da mettere dei punti, celebrando a destra e a manca, che so, il primo cd che ha ascoltato da “nata” è stato quello dei Tribalistas oppure ho messo via il primo carico di vestitini troppo piccoli passando per un orgoglioso mangia le prime pappe e non fa una piega trangugiando omogeneizzati al pollo mescolati con parmigiano olio e farina di mais tapioca come se ne avesse sempre presi. La prima favola è stato il libro del bambino ostrica di Tim Burton e ripenso a lei infagottata nelle grotte di Frasassi…non aveva nemmeno due mesi.

A metà gennaio tornerò ad essere una mamma lavoratrice, che esce alle 16.00 per il periodo-allattamento previsto dalla legge, ma che comunque non sarà a casa che un’ora dopo. Si, si, avoglia a dire che ci vuole, lo so anche io che sto praticamente diventando a forma di sterilizzatore di biberon, però so anche che quando sono andata all’INPS per consegnare i moduli per l’astensione facoltativa, (meriterebbe un post a parte… gli uffici pubblici, questo COACERVO di aneddoti…) tornando dopo due ore a casa, mi sembrava di non vederla da un mese e mi sono dovuta trattenere dal battere il record del millennio di bacetto selvaggio.

E si che non sono appiccicosa. Temo lo diventerò.  😛

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mezze penne alle pere

Eccoci al week-end, dove teoricamente si ha più tempo per cucinare, ma dove in pratica c’è da fare il triplo e, in più, si gradirebbe mantenere libero del tempo per gozzoviglie di vario genere.

E quindi una ricettina sciuè sciuè ci sta tutta. Questa l’ho presa da “La Cucina Italiana”, numero di ottobre 2008.

INGREDIENTI PER 4:

  • gr 350 di mezze penne integrali
  • 2 cespi di indivia belga pari a circa 350 gr
  • 2 pere pari a circa 180 gr
  • formaggio erborinato (io ho usato il gorgonzola dolce, a chi piace suggerisco quello piccante o il roquefort) 90-100 gr
  • un’arancia e un po’ di succo di limone
  • olio extravergine d’oliva e sale

* Affettare la belga per il lungo e rosolarla in padella con un po’ d’olio per circa 5 minuti, quindi bagnare col succo d’arancia. Spegnere il fuoco e salare.

* Sbucciare le pere, tagliarle a dadini e spruzzarle con poco succo di limone

* Lessare le penne in abbondante acqua salata, scolarle al dente nella padella della belga a cui avrete aggiunto il formaggio spezzettato. Saltarla per un minuto e completare coi dadini di pera (Io ci ho anche messo un po’ di parmigiano…) e servire in tavola!

penne-integrali-con-indiva-pere-gorgonzola1

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minor cessat

Mentre mi riduco a perifrastica passiva dando al concetto di “duepalle” nuove appassionanti sfumature fumé, passo in rassegna cio’ che manca nel frigo perchè, oggi, la cosa più emozionante che possa fare è la lista della spesa.

E vabbè che al suo interno ho scritto “panna montata spray”, cosa che potrebbe portare a tutta una serie di piccanti illazioni, ma ho anche annotato “mix verdure per brodo”. Cio’ annacqua di salutismo anche le ipotesi più sfrenate.

E tra la constatazione che lo stendino a più piani che si sviluppa in altezza mi piace di meno di quello classico e la preparazione della pappetta per Rachele (ebbene si, è iniziato lo svezzamento), il pensiero corre verso una delle poche certezze della vita: l’Isola dei Famosi in onda stasera…

E adesso provate a dirmi che non si deve organizzare una spedizione umanitaria per salvarmi prima che sia troppo tardi. PROVATECI!

(foto presa da qui: http://tasteofomi.deviantart.com/gallery/)

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le cose sono due

…O è passata la FATA MADRINA che ha trasformato Cenerentolamotorino

motorone1in Principessa…

 

 

 

 

 

 

 

oppure è piombata la FATA MALANDRINA ed ha fatto esattamente quanto scritto sul cartello: “Harley Parking Only, all others will be crushed”

-parcheggio per sole Harley, tutte le altre verranno distrutte-

(dalle passeggiate con passeggino e passeggera nei giorni 10 e 11 novembre 2008)

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La penna.

Solo per dire che ci sono persone che non scrivono semplicemente, ma ‘semplicemente, scrivono’. Pensano, e tracciano solchi che a loro piaccia o meno.

Queste sono le persone per cui mi metto in fila, per le quali sono solo un numero, una visita, raramente un commento. Guardo alla loro capacità di sintesi, al loro incidere, ai loro incipit e alle chiusure fulminanti che illuminano tutto daccapo con una luce nuova. Sono mani spesso gentili, menti spesso sofferenti e sorrisi grandi e occhi acuti. Lo so. Sono loro che mi fanno sentir voglia di fuggire da posti come questo, perchè non sarò mai come loro. E sempre loro che mi costringono ad aver voglia di provare ancora a comunicare, in qualche modo, qualcosa. Provo a capire con cosa cucinino le parole, quali siano le spezie segrete, gli ingredienti, le mescolanze. Quali esperienze mi manchino, quali sensibilità o magari, chissà, quale sagace schiettezza, impervia bellezza, amara crudezza.

Solo per dire opperbacco, perlamiseria, santapace. Per dirle io, le cose stupidine, anche se loro le direbbero molto meglio.

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handle with care?

E vedi però che FB (facebook) mi ha fatto cozzare nuovamente contro un qualcuno che ha riportato, VIVIDE nella mia memoria, le immagini di una serata di tanto tempo fa. Serata che per dovere verso i miei simili tutti, or ora andrò a narrare.

Partiamo dal pianerottolo, che ha la sua importanza. Luogo d’attesa, soprattutto se non conosci altri che la persone che ti ha portato, se sei nuovo del, chiamiamolo, “entourage”. Driin, fa un campanello stridulo e la porta blindata si apre. Sorriso di rito, si varca la soglia, ma ATTENZIONE! …veniamo bloccati sull’uscio. Sguardi perplessi mentre veniamo dirottati verso uno stanzino adiacente dove, ammassati, ci guardiamo attorno.

Il padrone di casa non è scandinavo. Il padrone di casa non è giapponese…eppure… ci ingiunge di toglierci le scarpe e di infilarci delle ciabatte appositamente impilate in un angolo…Ora: si si, tutto molto igienico, con ‘sto saporitno d’esotico che guardi signora mia, mi fa sentire tanto INTERNESCIONALL, ma se non sei avvisato prima, il pericolo buco-calzino sul pollicione o leggero fetore da scarpa da ginnastica, ti attende marrano. (senza parlare della calza di nylon che tu dici “eh vabbè che sarà mai una piccola smagliaturina, ci metto lo smalto trasparente, la blocco e via…tanto…STA SOTTO LA SCARPA”!)

Però…glissi e sospiri (o trattieni il respiro mentre slacci, a seconda dei casi). La motivazione di questa richiesta, però, la capiamo subito dopo. Il tipo in questione, con ampio gesto della mano, ci mostra il suo nuovo, costoso, lucido, fragilissimo…parquet. Trattenendo tra me e me varie considerazioni sul concetto di “mettere a proprio agio”, scivolo silenziosa sul pavimento ligneo e guadagno il divano. 

Sarà finita qui?? NOOOOO, perchè la serata prevedeva cena -da preparare- e partita in TV. Come da migliore tradizione italica, le donne vanno in cucina e l’oMMini si dedicano alacremente ad una delle attività preferite in caso di match sportivi: sbafano papatine e pop-corn. L’ occasione si presta anche per un tour da “ti mostro casa” e quindi ecco il bagno (lavate le mani) e indi la cucina. Immacolata, coi pensili lucidi da brillantina Linetti, non uno sgarretto, non una maniglia pendula, non un cracker sbocconcellato in bellavista.

Ansia che sale.

“bella! E’ nuova?”

e il padrone: “era di emiei genitori. Ha 35 anni, questa cucina qua”. (punto. Nel senso che il punto a fine frase s’è abbattuto come un macigno, tanto sembrava indicare il detto-non-detto “e quindi se mi si rovina stasera me la ricompri nuo-va”).

Tiro su col naso, ostento un attacco di silicosi e mi volto dall’altra parte. Nel mentre, la fidanzata, tira fuori una serie di taglieri (giuro, saranno stati 8, 10…mah) bianchi “sennò si rovina il ripiano” che, MERAVIGLIA, non so come sia possibile, ma non hanno praticamente il segno delle lame sopra. Medito sul fatto che probabilmente LUI li andrà a ricomprare ogni settimana a Coin Casa.

Finalmente approdiamo tutti quanti al lungo tavolo, divoratori di popcorn e cuoche fidanzate. Ci si appresta a sbafare un classico dei classici: le pennette all’arrabbiata…senonchè accade l’IMPONDERABILE: al rallentatore come la scena madre di un film, una pennetta fa un tuffo carpiato dal cucchiaione, spetasciandosi sulla tovaglia IMMACOLATA…. rapido sguardo d’intesa tra i commensali, altro sguardo in direzione del padrone di casa che non si era accorto di nulla e lesto movimento con scatto del polso che porta il piatto a coprire la macchia di sugo.

ANSIA.

Come è finita la partita? Diciamo che per me, grazie al sentore di manico da scopa infilato nel…ehm…che lasciò in molti di noi, quel tipo non fece altro che un bell’autogol.

Eh!

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I am happy to join with you today in what will go down in history as the greatest demonstration for freedom in the history of our nation.

“(…)

Let us not wallow in the valley of despair, I say to you today, my friends.

And so even though we face the difficulties of today and tomorrow, I still have a dream. It is a dream deeply rooted in the American dream.

I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: “We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal.”

I have a dream that one day on the red hills of Georgia, the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood.

I have a dream that one day even the state of Mississippi, a state sweltering with the heat of injustice, sweltering with the heat of oppression, will be transformed into an oasis of freedom and justice.

I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character.

I have a dream today!

I have a dream that one day, down in Alabama, with its vicious racists, with its governor having his lips dripping with the words of “interposition” and “nullification” — one day right there in Alabama little black boys and black girls will be able to join hands with little white boys and white girls as sisters and brothers.

I have a dream today!

I have a dream that one day every valley shall be exalted, and every hill and mountain shall be made low, the rough places will be made plain, and the crooked places will be made straight; “and the glory of the Lord shall be revealed and all flesh shall see it together.”²

This is our hope, and this is the faith that I go back to the South with.

With this faith, we will be able to hew out of the mountain of despair a stone of hope. With this faith, we will be able to transform the jangling discords of our nation into a beautiful symphony of brotherhood. With this faith, we will be able to work together, to pray together, to struggle together, to go to jail together, to stand up for freedom together, knowing that we will be free one day.

And this will be the day — this will be the day when all of God’s children will be able to sing with new meaning:

My country ‘tis of thee, sweet land of liberty, of thee I sing.

Land where my fathers died, land of the Pilgrim’s pride,

From every mountainside, let freedom ring!

And if America is to be a great nation, this must become true.

 

And so let freedom ring from the prodigious hilltops of New Hampshire.

Let freedom ring from the mighty mountains of New York.

Let freedom ring from the heightening Alleghenies of Pennsylvania.

Let freedom ring from the snow-capped Rockies of Colorado.

Let freedom ring from the curvaceous slopes of California.

But not only that:

Let freedom ring from Stone Mountain of Georgia.

Let freedom ring from Lookout Mountain of Tennessee.

Let freedom ring from every hill and molehill of Mississippi.

From every mountainside, let freedom ring.

And when this happens, when we allow freedom ring, when we let it ring from every village and every hamlet, from every state and every city, we will be able to speed up that day when all of God’s children, black men and white men, Jews and Gentiles, Protestants and Catholics, will be able to join hands and sing in the words of the old Negro spiritual:

                Free at last! Free at last!

                Thank God Almighty, we are free at last! “

(dal sito: http://www.americanrhetoric.com/speeches/mlkihaveadream.htm )

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anche oggi ne avrei bisogno

ZUCCHEROFORIAAAAAA!!

mini-cheesecake, grossa soddisfazione!

mini-cheesecake, grossa soddisfazione!

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