Ti canterò di cose folli e irresponsabili, di caramelle di stoltezza rubate senza ingegno alcuno.
Mi sono finta seria, tutto qui, e qualcuno ci ha creduto. Io, per prima.
Ma intanto quell’altra scappava e si tramutava in radici profonde, da sporcare con basse cose terrene, di cui ormai io non ho che un vago sentore.
Così cerca di salvarmi da questa scomoda santità. Con i tunnel, le cose buie, le unghie rotte, il sottobosco e il troppo amore.
Ricordati però di quando sono arrivata come l’arcobaleno dopo la pioggia, ricorda quello di cui non hai potuto fare a meno e ancora e ancora di tutti i lati da cui si può guardare una cosa.
Ascolta questa pioggia e falla arrivare sottoterra alle mie mani radicate sulla solidità che mi imprigiona nelle manette del ‘si deve’.
E io, si, che vorrei tornare ad ascoltare.
Fammi poggiare l’orecchio sul tuo cuore. Fammi dimenticare il mio e canterò, di cose folli e irresponsabili.