Cinismo. Inadeguatezza. Insensibilità. Leggerezza. Spocchia. Sono io.
oppure, invece
Coraggio. Ottimismo. Disincanto. Leggerezza, di nuovo ma in accezione diversa. Autocoscienza. Sono sempre io.
Un funerale last minute, meyo de ‘n viaggetto all-inclusive tra le palme, Signori miei. Lo si affronta in vari modi, ma io di getto la Morte la dissacro seppur rispettandola. Si dice sia l’unica cosa certa, si dice che possa fare il miracolo di riavvicinarti ad una fede sopita. Si dice che quando s’ arriva all’accettazione di una malattia, si assurge al ruolo di Santoni e Filosofi.
Si dice.
Quelli che stanno ancora fuori dalla bara fanno quel che possono, nel mentre.
E sono stata avvisata dell’ HAPPENING da un mio amico di vecchia data, uno di quelli espatriati nella mia seconda terra del cuore, uno di quelli che ha contribuito ai miei sogni d’adolescente, con lunghe passeggiate nelle notti estive. Sai, quelle persone con cui hai momenti in cui ti dici ‘non abbiamo nulla da spartire’ oppure ‘siamo diversi come il giorno e la notte’ o ancora ‘non sarò mai come te, anzi, non voglio esserlo proprio’. E poi…poi nell’intimo sai che c’è qualcosa di strano che ti lega a lui e che è più di un ricordo condiviso. E’ una buffa sensazione d’aver camminato sulle stesse strade in epoche passate, Avverti un’energia lampeggiante che si spegne e si riaccende. Avverti stima e affetto e una curiosità assimilabile a quella dell’entomologo che guarda uno scarabeo raro di qualche foresta lontana.
La sua mamma è morta. La sua mamma dal bel nome. Me l’ha scritto, avvisandomi del funerale… e io ne sono stata grata. Perchè so che in quei momenti non è che ti vengano in mente proprio tutti-tutti, ecco.
E andando verso la chiesa, quella chiesa grande dove ogni tanto andavo anche io da piccina coi miei genitori, di domenica, mi sono tornate alla mente le parole di L. quando mi raccontava che lui ai funerali ride come un matto… Gli scappa da ridere, è irrefrenabile e mica si trattiene. ‘Riderà anche oggi?’, mi domandavo. Quasi ci speravo, ‘m pochetto.
E, sai L., per tutto il tempo non ho fatto che notare tutte le cose buffe che c’erano là dentro:
- il prete: parlava come le centraliniste del radiotaxi, con una cantilena da film di Verdone.
- due tue amiche, arrivate trafelate, che si sono voltate 300 volte e rimesse a posto i capelli altrettante volte. Ah, cosa può il disagio.
- la fuga precipitosa di un signore che ha incarnato ormai un classico dei classici: dimenticarsi il cell acceso e sentirlo suonare a tutta callara ovviamente in una delle pause di silenzio dell’omelia.
- e poi dimmi tu perchè, mi è tornata in mente una delle feste nella mansardina a casa di S., quella in cui avete trescato e dove le si è appiccicata la tua gomma da ciancicare nei capelli e avete dovuto usare le forbici. E stavo per mettermi a ridere.
Mi avevi chiesto un buon pensiero, ma spero che tanti vadano bene ugualmente.
Tu L. hai detto la cosa più giusta “Scopro con sorpresa di come ci si può sentir bene grazie ad un addio dato bene. Con un addio si può guadagnare molto. Ed in fondo è proprio vero che ciò che conta davvero non ci lascia mai.”
E visto che ci siamo, quando la ‘risenti’ dille di dare un bacetto al mio papà.
Spero si sia portata un accendino: lui le offrirà sicuramente una sigaretta celestiale.
M.