Eri suonatore delle mie corde di arpa. Solo tu le sapevi far vibrare.
Eri il medico che mesmerizzava le mie morti apparenti. Solo tu sapevi ritrovarmi, viva.
Eri il portatore del vessillo della felicità. Solo tu me la mostravi, era là, bene in vista.
Ma hai deciso di spegnere gli occhi alla meraviglia. Niente più spartiti da interpretare, nessun sonno da vegliare, nessuna bandiera da offrire alla carezza del vento.
Ora il calore ti chiama, la pelle ti chiama, lo sguardo ti chiama. Tu rispondi al tuo bisogno e provi ad affacciarti al di là di te stesso. Cerchi nuovamente, in questo alambicco del mio cuore, il fluido che già una volta ti rese Mago, Re, Complemento perfetto.
Ciò che si ritrova, lasciato all’incuria del tempo che passa, non torna nuovo con le tue vecchie formule di cabala distratta. Avvicinati a me, falena. Il fuoco quello, no, non si è mai spento. Stavolta, però è di quello che fa male.